A girare non si finisce mai di imparare e il nostro territorio è così ricco di storia e di sorprese che non ci si può mai fermare.
Questa volta, il gruppo dei soci dell’Accademia del tempo libero è partito alla scoperta del Parco archeologico della Motta Sant’Agata.
La collocazione
Sparse sulle colline che sovrastano lo Stretto di Messina, le motte cioè le fortificazioni militari poste sulle alture, controllavano e difendevano i villaggi dalle incursioni dei nemici. Costruite dai Normanni, furono usate e ampliate successivamente anche dagli angioini e dagli aragonesi.
Tra gli odierni borghi di San Salvatore e Cataforio, sorgeva l’antica città di Sant’Agata che è sicuramente il presidio più importante del territorio reggino e che sembra derivare il suo nome dal greco AGATHE’ cioè luogo bello o buono.
La sua storia
Ricchissima e molto abitata, la città venne rasa al suolo dal terremoto del 1783 e i suoi abitanti si spostarono per fondare l’odierna Gallina con decreto regio di Ferdinando II. Costruita secondo il modello insediativo del Castrum, Sant’Agata era circondata da mura di cinta che la proteggevano dalle invasioni. Vi si accedeva attraverso le due porte, dette una di terra e l’altra di mare, che alla sera venivano chiuse. Rimane visibile la pietra consumata dal calpestio di uomini e bestie che vi transitavano. Nel territorio sottostante erano sparse le case del villaggio.
Il parco archeologico conserva i resti delle case, il sito dell’antico castello, la cisterna, il frantoio e la Chiesa Protopapale di San Nicola conosciuta anche come la “Cattolica” che testimonia gli antichi fasti della città. Sotto l’abside, 5 cripte visitabili sono il Putridarium. Nella Chiesa, la Croce dei Templari è ancora ben riconoscibile.
Da studi condotti presso vari archivi è certo che la città avesse anche una grande Giudecca a testimonianza dell’ottima produzione della seta che qui si praticava e del conseguente commercio.
Le cripte
Valeria Varà e lo storico, professor Orlando Sorgonà, hanno accompagnato un gruppo di soci temerari che si sono inerpicati fino al centro dell’antica città. Qui, Salvatore Leonardi, Ninni Mallardo, Rocco Calarco e Caterina Crucitti sono scesi fin dentro le cripte con vero spirito pionieristico. Un ottimo pranzo e la nostra solita convivialità hanno concluso la permanenza nell’antica città di Motta Sant’Agata.
Matilde Bartolo